La beffa dei bagnini del Poetto: erano volontari, ma non lo sapevano

Chiamati da una Onlus per un appalto del Comune, in 15 non sapevano che non avrebbero mai avuto un vero stipendio.La beffa dei bagnini del Poetto: erano volontari, ma non lo sapevano

Rispondono a un’offerta di lavoro su Subito.it per lavorare al Poetto come bagnini per la stagione estiva, ma di fatto il lavoro si è trasformato in una collaborazione di volontariato con un piccolo rimborso spese di 500 euro mensili. L’annuncio è di una Onlus di Quartu Sant’Elena, che qualche settimana prima aveva vinto l’appalto da 70 mila euro bandito dal Comune di Cagliari. “Non abbiamo mai firmato nessuna adesione per diventare volontari – denuncia Alessandro Liori, uno dei 15 bagnini protagonisti della vicenda – ma soprattutto non abbiamo ancora percepito 1 euro, nonostante il Comune abbia già versato alla Onlus le somme previste nell’appalto”. La Onlus precisa: “abbiamo informato subito i ragazzi che si trattava di un’attività di volontariato”. E ora è guerra legale a suon di lettere di avvocati, ricorsi al giurista d’impresa e alla Direzione provinciale del lavoro.

Il bando prevedeva “la formazione e l’avviamento del personale assunto, anche con lezioni in aula, e pagamento di relativi compensi. E il coordinamento per un periodo di tre mesi di tutto il personale assunto, con la predisposizione di turni, assegnazione alle postazioni, risoluzione di problemi logistici, e pagamento delle spettanze al personale”. Quattro le postazioni di salvataggio al Poetto e una a Calamosca. “Non avete ottemperato a una sola condizione del bando che vi siete aggiudicati – scrive un altro bagnino, Filippo, in una lettera indirizzata al presidente della Onlus – Non siete neanche a conoscenza di quelli che dovevano essere i vostri doveri nei confronti della Protezione civile, dei bagnini e dei bagnanti. E più volte vi siete riempiti la bocca con la parola ‘volontariato’, che è roba per gente che vola alto”. E poi aggiunge: “abbiamo lavorato come schiavi dietro una ricompensa da extracomunitari, tutto questo per soldi mai arrivati”.

La Onlus. In una lettera dell’avvocato, inviata al Comune e alla società di conciliazione, la Onlus chiarisce la sua posizione. “Al momento dell’ammissione dei quindici volontari e la loro conseguente iscrizione nel registro dei soci – si legge nella lettera dell’avvocato – l’associazione ha informato che l’attività di salvamento a mare doveva intendersi prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fine di lucro anche indiretto, ed esclusivamente per fini di solidarietà. Inoltre era stato stabilito che potevano essere rimborsate dall’associazione le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti di 500 euro per i mesi di luglio, agosto e settembre. Preciso poi che l’attività di volontariato svolta dai soci veniva svolta per non oltre quattro ore giornaliere, e che il rimborsi comprendeva le spese di vitto e viaggio che il singolo socio affrontava quotidianamente”.

Quindici in tutto i bagnini protagonisti della vicenda, undici dei quali hanno dichiarato guerra alla Onlus ricorrendo alla Ichnusa Lex, che opera per la conciliazione societaria e la consulenza, e alla direzione provinciale del lavoro. “Chiediamo una cifra adeguata alla nostra attività svolta come professionisti – aggiungono – e non un rimborso pari a un terzo di quanto pattuito, con cui non copriremmo neanche le spese per la benzina usata in questi mesi”. Inoltre i bagnini chiedono l’intervento del Comune, in particolare del settore della Protezione civile che ha bandito la gara d’appalto.

fonte: http://www.castedduonline.it/

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